martedì 9 marzo 2010

Oracle....e le rigidità genovesi


articolo tratto dal sito del Corriere della Sera http://www.corriere.it/ del Giornalista Giovanni Caprara

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Un'ala italiana ha fatto volare Oracle


Decisivi in Coppa America
Un'ala italiana ha fatto volare Oracle
Il trimarano a 40 nodi all'ora grazie alla vela rigida ispirata dall'aviazione
Questa è una bella storia di vento, di tecnologia navale e di creatività italiana. Riguarda la più grande ala marina mai realizzata ed è nata nei nostri supercomputer. Ideata e progettata in Italia, ha consentito al trimarano di Bmw-Oracle di sbaragliare la barca di Alinghi e vincere la Coppa America «volando» fino a 40 nodi, il doppio della velocità del vento incontrata durante le regate.
Oracle Protagonista dell'opera è l'ingegnere navale genovese Mario Caponnetto con numerosi altri disegni illustri alle spalle, dal Moro a Luna Rossa, e ingaggiato dal team americano sostenendo, con non poche contrarierà iniziali, l'idea dell'ala capace di sostituire la vela tradizionale per compiere un balzo prima impossibile. I risultati lo hanno confermato fuor di ogni dubbio. Avanguardia «Finora l'ala, detta anche vela rigida, era stata sperimentata soltanto su piccole imbarcazioni — racconta Caponnetto — con un albero al massimo alto dieci metri: ora siamo arrivati addirittura a 68 metri ed è una storia completamente diversa». Ed anche curiosa perché nella sua rarefatta avanguardia tecnologica nasconde pure la traccia del ricordo dei pionieri dell'aviazione. L'imponente ala costruita nei cantieri di Anacortes, a nord di Seattle nello stato di Washington, è una struttura tutta in movimento con albero in kevlar e centine (elementi di struttura trasversali) tutti in carbonio. Suddivisa in due parti, quella posteriore è suddivisa da cima a fondo da nove superfici mobili (flap come negli aeroplani) che comandate dal velista (ma potrebbero funzionare anche in maniera automatica) sfruttano al massimo gli effetti di portanza generati dalla sua sagoma dalla quale deriva la spinta.
L'intervallo fra le due parti, fissa e mobile, è congegnato in modo da evitare la rottura dei filetti fluidi dell'aria che scorre sulla superficie e impedire lo stallo, cioè la perdita di portanza che in un velivolo causerebbe la caduta e nel natante l'arresto. L'ala (ecco la storia che riemerge) è rivestita da un leggero tessuto aeronautico proprio come i primi aerei. Due i vantaggi offerti dalla tecnologia alata. «Il primo — precisa Caponnetto — è un assoluto controllo della forma dell'ala: variando la posizione dei flap si utilizza l'azione del vento in modo più efficace rispetto ad una vela sfruttando al massimo tutta la superficie. Il secondo è che i carichi esercitati dal vento sono scaricati all'interno dell'ala e non sull'imbarcazione rendendo più agevoli e meno faticose le manovre. Ma progettare un'ala del genere facendo ricorso ai metodi della fluidodinamica computazionale è stata un'ardua sfida perché ha richiesto la verifica di centinaia di profili differenti in pochissimo tempo». La sfida sarebbe stata impossibile da affrontare e vincere senza il ricorso ai supercomputer grazie ai quali in soli nove mesi la struttura è stata progettata e realizzata affidandosi completamente alle simulazioni e senza condurre alcuna prova nella galleria del vento con dei modelli. Qui è entrata in gioco l'altra parte della storia riguardante l'indispensabile e imponente elaborazione dei dati. La società di ricerca Scs (Supercomputer Solutions), solitamente impegnata sul fronte della ricerca industriale, ha mobilitato i suoi supercomputer installati al consorzio di calcolo interuniversitario Cineca di Bologna dove operano gli specialisti di entrambe le società.
«Gli elaboratori hanno utilizzato 1024 processori — spiega Mario Verratti, direttore di Scs — che hanno garantito una capacità di calcolo di seimila miliardi di operazioni al secondo. Gli ingegneri lavoravano collegati a distanza dai loro centri di Valencia, Annapolis e San Diego come fossero a Bologna utilizzando i codici che abbiamo ottimizzato per il preciso obiettivo da raggiungere. Dopo il successo ottenuto sono già emersi interessi per progettare ali da competizione da impiegare su barche da regata tradizionali». La vittoria Ma come si è conquistata la vittoria a Valencia che ha costretto i velisti a cambiare, e non di poco, il loro modo di lavorare? Nel computer di bordo era stato installato un database con tutte le configurazioni ottimali dell'ala in funzione del vento. I sensori, rilevato il vento, consentivano al computer di confrontare i dati rilevati con quelli immagazzinati, suggerendo attraverso un display collocato sul polso dei velisti come variare con un telecomando l'angolo dei flap per ottenere il massimo rendimento. «Così abbiamo anche salvaguardato la preziosa sensibilità del velista nell'interazione direttamente con la macchina», commenta soddisfatto l'ingegner Caponnetto. E la vittoria alla 33ma edizione della Coppa America gli ha dato ragione.
Giovanni Caprara